Giovane zelatrice montemarcianese, ricordata come una santa dai suoi familiari e sempre devota alla preghiera e alla fede cattolica. Durante la sua breve esistenza si dedicò con strenuo e profondo impegno alla vita religiosa, trovando in S. Francesco il massimo esempio di umiltà e carità cristiana.
Iscritta all’Apostolato della Preghiera nel 1927 come “zelatrice”, sentiva il bisogno di avvicinare alla fede «le anime tiepide e indifferenti», definendo la sua missione come una vera e propria «brama di far comprendere ciò che ella comprende; di far sentire ciò che sente, non temendo raffronti, derisioni, disprezzo che potrebbero derivare da questo apostolato […]».
Nel 1928 divenne terziaria francescana e nel ’30, poco prima di ammalarsi, fu nominata delegata della Gioventù cattolica femminile italiana. Morì in una clinica di Ancona in completa solitudine, per sua stessa volontà, desiderando fino all’ultimo di non gravare sui suoi cari.
Fu sempre menzionata come esempio virtuoso di umiltà e di profonda semplicità; a lei sono dedicate diverse pubblicazioni, monografiche e non, che ne esplorano approfonditamente la pia vicenda umana, come è il caso del libro di Raffaele Salucci intitolato Rosina Diotallevi (1908-1930): un fiore di virtù in terra di Marche, pubblicato a Montemarciano nel 1933 e di un altro testo biografico uscito nel 1938 e a cura di Luisa Nason, dal titolo Volo d’angelo: profilo di Rosina Diotallevi.