Il settecentesco complesso residenziale di Villa Marzocchi a Marina di Montemarciano, noto anche come Casino Baccarini Honorati, nasce come villa signorile di proprietà della famiglia Baccarini di Monte San Vito, a cui subentrano in un secondo momento gli Honorati di Ancona e, in epoca più recente, la famiglia Marzocchi. È composto da tre distinti edifici, di cui quello centrale in laterizio e i due corpi laterali minori in laterizio e pietra; il fabbricato che si trova più ad est conserva ancora il caratteristico campanile a vela, essendo sorto come chiesa pubblica.
Di fronte all’edificio centrale, si apre l’elegante giardino, un tempo abbellito da numerosi alberi e piante; l’ingresso alla villa (privata), ben visibile da via Marina, è contraddistinto da due piccoli pilastri quadrati, sempre in laterizio, con coronamento piramidale sormontato da sfere in pietra. Alcuni rimaneggiamenti eseguiti sulla villa hanno portato alla tamponatura degli archi di raccordo fra i tre edifici e alla sopraelevazione del corpo centrale, a cui originariamente si accedeva grazie ad un monumentale scalone doppio.
Pregevole esempio di residenza a mare, oltre che azienda agricola, la villa ha ospitato fin dalla sua edificazione esponenti dell’aristocrazia dell’epoca, come la nipote dell’allora papa Benedetto XIV, Margherita Lambertini, qui giunta nel giugno del 1749 dopo un periodo di villeggiatura trascorso ai bagni di Lucca.
Affacciato sulla strada litoranea, a poca distanza dal Mandracchio, il Casino ha rappresentato spesso un’alternativa, più comoda, all’osteria di Case Bruciate che, seppure dotata di maggiori spazi e servizi per i viaggiatori, rimaneva sempre un luogo esposto ai pericoli e affollato da un’umanità variegata.
Nei documenti catastali del 1749, la residenza è indicata semplicemente come “Casino Baccarini”, mentre in quelli relativi all’anno 1778 la dicitura è più completa: «Casino ad uso di villeggiatura con chiesa»; i Baccarini, a cui la Camera Apostolica aveva concesso in enfiteusi buona parte del litorale di Case Bruciate, mantengono la proprietà fino agli inizi del XIX secolo, quando il complesso passa agli Honorati, come risulta chiaramente dal catasto del 1809, in cui il complesso è indicato come Casino Honorati, a 3 piani e con case rurali annesse.
La famiglia Honorati, già nota per i ripetuti tentativi, a partire dalla seconda metà del Settecento, di ottenere una sorta di monopolio commerciale sull’intera zona della strada litoranea, riesce alla fine ad ottenere dal cardinale Ruffo (inizio XIX secolo) il diritto di uso esclusivo dell’area per le sue attività agricole, entrando in conflitto con i pescatori di Case Bruciate, che praticavano qui la cosiddetta “tratta”, o pesca con la sciabica (una particolare rete da traino sul fondo), e che si ritrovarono costretti a limitare fortemente la loro attività, fino ad interromperla quasi del tutto, proprio per non ostacolare lo sfruttamento agricolo del terreno da parte degli Honorati.
Dopo la famiglia Honorati, il complesso residenziale è passato ai Marzocchi a inizio Novecento; attuale tenutaria è invece la famiglia Bini. L’ultimo restauro risale al 1998.