La chiesa del Santissimo Sacramento, prima succursale della parrocchiale di San Pietro Apostolo, sorge in una delle vie principali del centro storico. La sua importanza è testimoniata dal fatto di aver dato per secoli il nome all’attuale via Marconi e ancora oggi il toponimo non è del tutto caduto in disuso. È stata riaperta al culto con cerimonia solenne il primo aprile 2017, dopo i consistenti restauri del 2015 e 2016.
L’edificio risale al XVI secolo, seppure l’aspetto che ha oggi derivi dalla ristrutturazione che l’ha interessato durante la seconda metà del XVIII secolo. In origine, si trovava nella medesima area una chiesa dedicata a San Giovanni e legata alle attività della Confraternita del Santissimo Sacramento, istituita nel 1574; a questa data, è già documentata la presenza della suddetta chiesa, che, dai due altari iniziali, arriverà a contarne ben sette, ridotti però a cinque dopo i lavori di ricostruzione avviati nel 1766.
Tali lavori, condotti presumibilmente anche per riparare ai danni provocati dal sisma del 1741, vennero ultimati dieci anni dopo – la chiesa nel frattempo aveva già cambiato la dedicazione (da “San Giovanni” a “Santissimo Sacramento”) – e furono promossi dalla stessa Confraternita, che dalla sua fondazione era riuscita in breve tempo ad incrementare le proprie rendite e proprietà (si trattava di fondi rustici, urbani e legati), grazie soprattutto alle numerose donazioni dei fedeli, tanto che già nel 1612 poteva istituire un monte frumentario in grado di aiutare i contadini e i poveri in difficoltà. Sempre di proprietà dei membri della Confraternita era la piccola chiesa di San Rocco – oggi non più esistente perché demolita (forse tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo) – tra le vie del Sacramento e San Pietro, che veniva utilizzata dai confratelli come spazio cimiteriale e per la celebrazione delle messe, potendo essi disporre qui di un altare.
Altri restauri sulla chiesa vennero portati avanti nel 1788 e interessarono la copertura del Cappellone, fortemente minata da un altro terremoto, nel 1781. In quell’occasione, si provvide tra le altre cose a dotare l’edificio di culto di una cantoria con organo, tuttora visibile nella parete della controfacciata e donata da 5 benefattori nel 1788.
La facciata della chiesa, in laterizio, si richiama a quella della parrocchiale di San Pietro, pur senza imitarne le forme monumentali: è caratterizzata da due ordini di lesene tuscaniche, separate da una cornice aggettante. Sono invece in pietra bianca tutti gli elementi di decoro, dalle basi delle lesene sul primo ordine al calice del miracolo eucaristico, posto a coronamento del timpano semicircolare del portone d’ingresso, oltre alla decorazione in forma di conchiglia sopra la finestra del secondo ordine e alle cornici delle finestre sul primo livello e dei portoni laterali. Quest’ultimi sono provvisti di oculi ellittici, raccordati alla struttura della porta attraverso la cornice, sempre in pietra bianca; la cimasa a timpano è decorata da un oculo circolare con cornice a raggiera in laterizio. La torre campanaria, (purtroppo poco visibile dalla prospettiva frontale), ha una cella quadrangolare a terrazza, terminante con un campanile a vela; su una delle campane è incisa la data (1574).
L’interno della chiesa, riportato alle tinte originarie nel corso dell’ultimo restauro, ha una pianta regolare a navata unica voltata a botte; lungo le pareti laterali, scandite da eleganti colonne corinzie, si alternano altari della fine del XVI secolo e coretti di notevole pregio, arricchiti da decorazioni in stucco e da opere pittoriche e scultoree. Lo spazio presbiteriale, delimitato da una balaustra in pietra modanata e introdotto da un arco trionfale, accoglie l’aula liturgica – che disegna con la base e l’altezza un quadrato perfetto -, l’altare maggiore e una grande tela affiancata da poderose paraste corinzie. Ha per soggetto l’Ultima cena (non se ne conosce l’autore) e si contraddistingue per l’uso di colori a erba che, seppure di facile deperimento, permettevano di ottenere in pittura effetti suggestivi, molto simili a quelli degli arazzi. L’abside ha una copertura con cupola semisferica; di grande rilevanza è il soffitto della sacrestia, ricoperto da un grande telone allegorico con il “Trionfo del SS. Sacramento”, databile alla fine del XVII secolo o agli inizi del XVIII secolo, di autore ignoto.
Tra le opere scultoree presenti, merita particolare attenzione la statua della Vergine Santissima, o “Madonna di Loreto”, collocata nel 1848 nella nicchia del primo altare a sinistra (dove si trova tuttora), anche se la sua presenza all’interno della chiesa è documentata a partire dal XVIII secolo. Ad essa sono legati una serie di eventi miracolosi, occorsi il 5 maggio 1848, quando tre bambini di 10 anni videro muoversi più volte un piede e gli occhi della Madonna; il miracolo venne commemorato, da quel momento in poi, con celebrazioni e processioni che richiamavano i fedeli di Montemarciano e delle zone limitrofe (Chiaravalle, Jesi, Ancona, Falconara, Senigallia).
È considerato ugualmente miracoloso il crocifisso ligneo posto in corrispondenza del secondo altare a sinistra, che dal 1793 veniva portato in processione fino agli Alberici, ogni 25 marzo. Sulla prima nicchia della parete di destra si trovano invece la statua di San Cristoforo e l’altare dedicato a San Francesco; proseguendo su questo lato, si può vedere un secondo altare, che reca nell’ovale un’iscrizione in latino del 1779 («altare privilegiatum quotidianum perpetuum pro omnibus concessum a pio VI act kal maii MDCCLXXIX) e sopra il quale è posto un affresco del XVII secolo (di autore sconosciuto) con la Madonna dell’Immacolata Concezione, in piedi sopra una falce di luna.
Dopo i recenti restauri – nel corso dei quali si è provveduto al rifacimento completo del tetto, oltre al consolidamento e al restauro delle volte, così come alla tinteggiatura dell’intero soffitto voltato e del cornicione dell’aula liturgica – la chiesa è stata riaperta al culto ed è possibile visitarla durante particolari celebrazioni, specialmente nel mese mariano.