Rinomato ed esperto speleonauta nato a Senigallia e cresciuto a Montemarciano, Maurizio Montalbini si laurea in Sociologia presso l’ateneo bolognese nel 1976 e dedica un’intera vita allo studio della cronobiologia, guadagnandosi l’appellativo di “esploratore del tempo”.
Il suo esperimento in grotta più famoso risale al 1986, quando lo speleologo trascorre in totale 210 giorni in una cavità delle grotte di Frasassi, in assoluto isolamento: è la sua prima esperienza, denominata “210 giorni fuori dal tempo”,a cui ne seguiranno molte altre simili, che lo porteranno nel corso degli anni a studiare con grande attenzione gli effetti, non solo medici ma anche sociologici e psicologici, derivanti da periodi prolungati di eremitaggio.
L’esperimento più lungo e continuativo di Montalbini è quello effettuato all’interno della grotta di Nerone presso l’omonimo monte, in località Piobbico (PU) fra il 1992 e il ‘93, durante il quale ha modo di trascorrere 366 giorni sottoterra, costantemente monitorato da un’équipe di scienziati. Da questo lungo esperimento emergono subito risultati interessanti circa la variazione dei cicli vitali in situazioni estreme: la percezione del tempo infatti varia notevolmente e le giornate sembrano allungarsi, come lui stesso dirà e come il suo corpo testimonierà (dall’analisi del ritmo cardiaco e di quello circadiano).
Si è calcolato per lui un totale di ben 962 giorni (cioè circa tre anni) passati all’interno di cavità naturali ipogee, ad eseguire ricerche anche per la NASA, interessata sin da subito alla sua attività: «La cosa interessante per me è stata forse la fortuna che la NASA sia interessata a questo tipo di studi perché alcune patologie che insorgevano negli astronauti in allontanamento dalla Terra si sono poi riproposte nei nostri esperimenti di isolamento spazio-temporale sotterranei». La frase è dello stesso Montalbini, ripresa da un’intervista telefonica di qualche anno fa, registrata dal programma radiofonico “Dispenser” di Radio 2.
L’ultimo esperimento importante dello speleonauta è del 2007, durato “appena” 235 giorni e chiamato “Timeless”, che ha avuto luogo nella Grotta Fredda di Acquasanta Terme (AP), a studiare i disturbi del sonno, equipaggiato con dispositivi medici di controllo, elettricità, acqua corrente potabile, un cospicuo numero di libri (quasi novanta) e una squadra di supporto in superficie. Durante questo periodo, si è nutrito di cibi liofilizzati ma anche di extra più gustosi, come miele, noci e una bella scorta di cioccolata (ben un chilo e mezzo).
A chi gli ha chiesto di illustrare con precisione e semplicità l’importanza del suo lavoro, Montalbini ha così spiegato il senso delle sue ricerche scientifiche: «Il nostro insieme psicofisico è formato da un insieme di crono ritmi, una parte del nostro corpo segue un ritmo di 24 ore (e così via), fino ad un’altra parte del nostro corpo che segue un ritmo più lungo, che è quello bi-annuale. L’evidenziazione di questo “cronoma” permette, anche se in chiave sperimentale, di prevedere a distanza di anni, ma con precisione oraria, per esempio l’insorgere di certe patologie, e quindi di operare cure farmaceutiche e non, o psicoterapiche, con molti effetti collaterali in meno di quelli che normalmente si hanno, e addirittura con effetti terapeutici migliori».
Sulla interconnessione tra sociologia e cronobiologia, così si è espresso Montalbini nella medesima intervista radiofonica di cui sopra: «Non ho sfidato né la natura né la mia psiche, ho cercato di accompagnare il mio modo di essere in una situazione tanto diversa, e questo viene anche dai miei studi di sociologia; se, più che sfidare, si cerca di adattarsi al cambiamento, si ha una migliore risposta allo stress. Non a caso, in questo tipo di esperimenti – che potrebbero essere molto stressanti – abbiamo evidenziato la possibilità di accumulare molto carico di lavoro, e quindi di stanchezza, ma di diminuire molto l’accumulo di stress».
Muore prematuramente a 56 anni, colpito da un infarto mentre si trova a Pieve Torina, nel maceratese. L’eco dei suoi risultati scientifici sopravvive ancora oggi ed è oggetto di studio anche per futuri progetti scientifici nello spazio, nonché per l’assunzione di farmaci a malati in gravi condizioni di salute. Montalbini infatti ha avuto modo di verificare nel corso dei suoi studi una significativa regressione della malattia nei malati di cancro a cui erano state somministrate le cure non in maniera tradizionale ma tenendo conto degli specifici e diversi ritmi biologici di ciascun individuo.